Perché cambiare è difficile?
Spesso nella mia vita mi sono trovato di fronte a cambiamenti, miei o di persone a me vicine, che mi hanno fatto riflettere su questa domanda.
Il cambiamento crea grosse difficoltà, e la cosa mi pare strana. Cambiare significa dare una svolta alla propria vita, al proprio lavoro, significa vedere cose diverse, fare cose diverse. Significa esperienza e accumulo di emozioni, azioni e pensieri. Quindi perché una persona preferirebbe privarsi di tutto ciò? Certo il cambiamento può essere anche doloroso, ma mai negativo. Dico questo perché può capitare di incappare in un momento difficile fatto di cambiamenti dolorosi, come la scomparsa di una persona a noi cara o un licenziamento. Ma questi, a mio parere, anche se si tratta di situazioni difficili, possono solo essere un’opportunità che ci sprona a cambiare e ci apre nuove vie.
Nella mia vita ho dovuto fare i conti quei cambiamenti che qui denominiamo dolorosi, ed è vero, sono complicati: sembra a volte non esserci alcuna via d’uscita.
Però si cambia, che lo vogliamo o no. Da quando nasciamo, mettiamo in moto una serie di cambiamenti che ci fanno maturare come persona, come soggetto.
Poi arriva quel giorno, il giorno in cui dobbiamo prendere una decisione, scegliere se cambiare o meno: a questo proposito ritengo che anche il decidere di non cambiare rappresenti un cambiamento, in quanto cambia comunque il percorso che si andrà a seguire. Quello che probabilmente non funziona, è lo stallo. Rimanere fermi bloccati in situazioni più o meno piacevoli può essere pericoloso, per il presente e/o per il futuro.
Ma quindi perché cambiare è difficile? Come già dicevamo il cambiamento comporta delle scelte, e già questo è difficile in sé. Capire cosa sia giusto o meno per noi non è una prova di poco conto.
Inoltre credo che la difficoltà stia nell’abbandonare l’abitudine. L’abitudine è rassicurante, sappiamo cosa aspettarci e sappiamo come affrontarlo perché l’abbiamo già fatto.
A questo proposito ho assistito recentemente ad una lezione nella quale è intervenuto come ospite Fabio Tognetti di Unreal. La sua lezione mi ha colpito particolarmente in due momenti che ho deciso di riportare, così che possano aiutarci a capire perchè il cambiamento sia così difficile.
Fabio ha iniziato disegnando un cerchio all’interno del quale ha scritto “zona di comfort” Poi, attorno a questo, ha posizionato un altro cerchio dove ha scritto “zona di rischio”. Infine intorno, all’esterno, ha scritto “zona di panico”.
La zona di comfort è la zona nella quale ci sentiamo a nostro agio, quella di tutti i giorni. È la zona che conosciamo, che sappiamo “usare” e dalla quale non ci aspettiamo grossi cambiamenti.
Un po’ come dicevamo prima, questa è la zona dell’abitudine.
La zona di rischio invece è quella che ci spaventa, è il cambiamento, è quella che non conosciamo.
L’ultima è la zona di panico. Questa crea scompenso: zona nella quale probabilmente non riusciremmo a cavarcela.
Insomma, riportando il tutto al cambiamento, abbiamo la prima situazione che è puramente abitudinaria, la seconda che è la strada per il cambiamento e una terza che potrebbe rappresentare un cambiamento troppo radicale o comunque prematuro per noi.
Poi ha spiegato che però queste zone possono cambiare, perchè, per esempio, se ci inoltriamo nella zona di rischio e la “facciamo nostra” questa diventa zona di comfort e la zona di panico si riduce.
Rapportato di nuovo al cambiamento, è come se noi imparassimo piano piano ad accettare il nuovo e a viverlo mettendoci in gioco. Così i cambiamenti più grossi diventano sempre meno impegnativi.
La seconda parte della lezione, che ci tengo riportare, è un esperimento raccontato da Fabio. Il famoso esperimento delle dodici scimmie, al quale lui ha dato un’accezione che non avevo mai considerato.
L’esperimento è il seguente: vengono messe 12 scimmie in un recinto.
In questo recinto è presente anche una scala, sopra la quale vi è un casco di banane.
Ovviamente le scimmie tentano di prendere il casco, ma non appena salgono sulla scala un sensore fa partire una doccia d’acqua ghiacciata che si riversa sulle scimmie. Spaventate abbandonano l’impresa.
Così altre scimmie tentano di raggiungere il casco di banane, ma sempre con lo stesso risultato.
Tutte le scimmie quindi, a un certo punto, abbandonano l’idea di raggiungere il casco.
Durante la notte i sensori vengono disattivati. Naturalmente le scimmie non lo sanno.
A questo punto una scimmia viene sostituita da un’altra nuova, la quale non sa del getto d’acqua e quindi prova a prendere il casco. Questa, però, viene fermata dalle altre, ancora preoccupate della doccia, e di conseguenza abbandona l’idea di raggiungere le banane.
Così come la prima, anche una seconda scimmia viene cambiata, e così come la precedente, anche questa tenta di raggiungere il casco, e puntualmente viene bloccata dalle altre ancora preoccupate, e persino dalla scimmia che non conosce la motivazione (la prima sostituita).
Così tutte le scimmie, una per una, vengono sostituite e lo scenario è lo stesso. Nessuna prende il casco. E quando tutte e dodici le scimmie sono state sostituite e quindi non ce n’è più nessuna che conosce la ragione del divieto, le scimmie continuano a non tentare di prendere il casco.
Il parco scimmie viene sostituito per ben quattro volte interamente, senza che nessuna scimmia si avvicini più alla scala, fino a che non si arriva alla quarantottesima scimmia che decide, fregandosene delle altre, di raggiungere le banane.
Questo esperimento dimostra come vi siano delle regole, a volte implicite e a volte inconsapevoli, che vengono tramandate di generazione in generazione, anche quando l’apprendimento non è stato compiuto dal soggetto stesso. Possiamo quindi parlare di un apprendimento che deriva dall’abitudine, dal dare per scontato qualcosa che non è più reale.
Come Fabio ci ha fatto vedere, la realtà è molto semplice: noi “siamo” le scimmie, e il casco è il nostro obiettivo. Spesso e volentieri non proviamo a raggiungerlo perché altri hanno fallito o solamente perché ci viene detto che non possiamo farlo. Allora abbandoniamo la nostra idea perché è meglio non rischiare ed adeguarsi agli altri.
A volte è il coraggio del cambiamento quello che ci permette di rendere reali i nostri obiettivi… i nostri sogni.
Naturalmente noi di Artademia riteniamo che il cambiamento sia difficile.
Decidere di seguire la nostra idea di percorso va contro l’idea comune.
Noi prediligiamo la conoscenza, la passione, l’esperienza e la relazione in un mondo che sembra inseguire più il riconoscimento e la conformazione.
Per questo io ritengo che il casco di banane possa rappresentare anche l’idea del nostro percorso. Insomma, questo casco è Artademia, cioè la scelta difficile perché diversa da quelle comuni, da quelle abitudinarie.
Se avete la possibilità di cambiare e di provare esperienze nuove perché non farlo? In ogni caso rimarrà un’esperienza diversa e, a dirla tutta, essere pionieri e propositivi verso il cambiamento è persino divertente!
Quindi cosa ancora vi blocca?
Siate la quarantottesima scimmia… cambiate! E il mondo cambierà con voi!
E se siete una di quelle persone che dice: ” mi piacerebbe ma…” leggete anche quest’altro articolo.
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